Il Madagascar è un Paese a basso reddito: l'81% dei 26,3 milioni di abitanti vive con 1,90 dollari al giorno (Banca Mondiale 2020); l'Indice di Sviluppo Umano del paese ha un valore di 0,487, posizionandosi al 177º posto su 193 paesi indicizzati (HDI/Undp 2023). 

Il tasso di povertà multidimensionale della popolazione (che comprende tre dimensioni fondamentali: la salute l’educazione e gli standard di vita) è stimato al 68,4% (Multidimensional Poverty Index 2023), di cui il 45,8% vive in condizioni di grave povertà. 

Il Paese si classifica al quarto posto tra i paesi più colpiti dalla malnutrizione cronica:

il 40% dei bambini malgasci soffre di ritardo della crescita;

il 97% degli studenti di 10 anni ha difficoltà a leggere e comprendere un testo semplice in francese;

il sistema di protezione sociale copre solo il 6% delle persone estremamente povere.

Inoltre, la quota di bilancio dello Stato destinata alla protezione sociale rimane molto bassa e è addirittura diminuita: tra il 2015 e il 2020 è passata dallo 0,25% allo 0,21% (Banque mondiale 2022, Perspectives Économiques de Madagascar).

Le condizioni di vita rimangono difficili per la grande maggioranza della popolazione sia nelle zone rurali che rimangono le più colpite, sia nelle aree urbane e semi-urbane, dove l'accesso all'acqua, all'elettricità e all'alloggio deteriora quotidianamente. 

In particolare nei “bas-quartiers” della capitale Antananarivo, nonostante gli sforzi governativi per cercare di attuare strategie inclusive e di miglioramento, i problemi strutturali, le disuguaglianze socioeconomiche e gli ostacoli culturali evidenziano un contesto di grande indigenza: il 70% delle famiglie malgasce residenti nella capitale vive in condizioni di estrema povertà, con un salario minimo di 250.000,00 Ariary (Instat RGPH-3, 2021).

Questa situazione si riflette negativamente soprattutto sui minori.

La popolazione infantile è di 14 milioni (Indagine MICS-6), di cui l'82,9% vive al di sotto della soglia di povertà. I nuclei familiari (spesso monogenitoriali) in stato di forte precarietà socioeconomica residenti nella bidonville di Antohomadinika (e quartieri limitrofi) spesso ricorrono a provvedimenti drastici, come l’abbandono anonimo, fenomeno ampiamente diffuso sia in luoghi pubblici (ospedali, polizia, spazzatura) che in luoghi più isolati (foresta). Si tratta sempre di abbandono anonimo e quindi non si dispone di alcuna informazione sulla situazione dei genitori. 

Le opportunità di lavoro sono presenti solo nel mercato informale (trasporto dell'acqua, lavanderia, piccoli commercianti ambulanti, raccoglitori di rifiuti), senza alcuna garanzia di continuità e remunerazione a lungo termine. La situazione economica ed educativa è esacerbata da uno squilibrio tra livello di istruzione e percentuale di occupazione, dovuto alla mancanza di meccanismi di transizione scuola-lavoro, di un sistema informativo sulle opportunità formative esistenti sul territorio e di programmi scolastici non aggiornati rispetto al mercato del lavoro.

Un’altra delle conseguenze dirette di questa crisi, nell’area di intervento, è lo scarso accesso all’istruzione e l’aumento del tasso di abbandono scolastico: la percentuale di scolarizzazione (6-14 anni) è del 50% (Instat RGPH-3, 2021) e il tasso di abbandono scolastico è del 33%, mentre il tasso di completamento degli studi è solo il 63,50%.

Le difficoltà economiche nel sostenere i costi elevati delle iscrizioni scolastiche rappresentano ostacoli significativi uniti alla discontinuità dell’offerta educativa e alla bassa qualità dell’insegnamento. Questa situazione crea un ciclo persistente di povertà, limitando le opportunità delle giovani generazioni. Se per i bambini/ragazzi tra i 6 e i 14 anni il rischio di abbandono scolastico è motivato soprattutto dalla scarsa percezione dei benefici diretti dell'istruzione combinata alla necessità di attività lavorative, per le bambini/ragazze i matrimoni precoci rappresentano una delle cause principali. In particolare le bambine/ragazze (età 12-17 anni) hanno minori opportunità di accesso all’istruzione e alle formazioni professionali che potrebbero dare loro un’occasione di emanciparsi dalla precarietà economica e dalle violenze familiari.