Ciò che l'occhio ha visto, il cuore non dimentica (Proverbio del Madagascar)

Un posto che è, davvero, "casa e famiglia"

Ad attrarre la mia attenzione, durante la visita alla Maison de Famille di Antananarivo, è stato un semplice foglio bianco, appeso ad una porta, su cui ho posato gli occhi per caso. Uno schema, un promemoria, il programma delle attività personalizzate previste per i bambini. Un foglio che rivelava molto di più delle parole e delle istruzioni che vi erano stampate sopra. Raccontava di un’attenzione speciale, di una cura per i bisogni dei piccoli ospiti che va senz’altro al di là della semplice “gestione”. 

La Maison de Famille, non ci ho messo molto a scoprilo, è proprio ciò che dice di essere. È “casa”, è “famiglia”. Le tate, sorridenti ed ordinate nei loro grembiuli, un nugolo laborioso che gira di stanza in stanza: ci sono i lattanti, con i loro ritmi serrati pappa-sonno-bisogni, e i più grandicelli, cui va offerta la necessaria tranquillità per studiare, ma che hanno bisogno anche di qualche momento di svago. E ci sono i bambini di tutte le età comprese fra queste, ciascuno con i suoi tempi e la sua routine, quella routine tanto preziosa e rassicurante ogni bambino, e ancor di più per loro, i 18 padroni di casa che, con la propria personale storia alle spalle, hanno trovato un porto sicuro tra queste mura.

Grata all’amica che mi ha concesso un permesso speciale per poter visitare la struttura, esperienza preziosa per i miei studi di psicologia evolutiva, mi fermo con tate e bambini nel grande salone adibito al divertimento. La musica invade e scalda un ambiente grande e colorato, con pareti decorate e impreziosite dalle foto dei piccoli che hanno trovato una famiglia e sono partiti, ma non vengono per questo dimenticati, e anche dopo anni sono parte di questo mondo.

Mi godo uno spettacolo fatto di balli, canti, risate e piccole dispute. Guardo questi bambini e bambine e penso che qui il miracolo è avvenuto. Nel deserto della povertà c’è un giardino rigoglioso che produce meravigliosi frutti, grazie all’incessante impegno e grande fatica per il personale locale, e dedizione da parte dei volontari che anche nella lontanissima Italia, ogni giorno, regalano un  po’ del loro tempo per ampliare la rete dei sostenitori, e aiutare la Maison de Famille a fare il proprio lavoro. 

Il futuro è incerto per tutti, per qualcuno un po’ più che per altri, ma quando saluto i miei nuovi piccoli amici, con il cuore stretto e gli occhi colmi di commozione, porto con me la consapevolezza che nessuno di loro, con l’aiuto di tutti, mai sarà lasciato indietro.   

Marta

Vite povere di tutto, ma ricche d'umanità

Sono in Madagascar per un breve soggiorno lavorativo, e ad Antananarivo vengo a conoscenza di una Onlus italiana che opera in favore dei minori in stato di abbandono o di forte disagio sociale. Prendo contatto con la referente, e decido di andare a visitare il Centre Mère Enfant: le strade di Tanà so

no piene di bambini, il dramma è sotto gli occhi di tutti, non si può restare indifferenti.

Entro in punta di piedi in una grande stanza, il legno del pavimento scricchiola, ma il rumore è coperto da un coro di voci che si rincorrono, e rincorrono quella forte, potente, dell’anziana signora che li guida da un piccolo palcoscenico.

Arrivo durante una delle tante attività offerte alle centinaia di bambini dagli irresistibili occhi: curiosi profondi e neri come pozzi. Hanno piedi scalzi, sporchi, vestiti laceri, ma appaiono, e sono, bellissimi. Piccoli e piccolissimi, siedono per terra, rivolti verso questa energica e minuta signora, una delle tante volontarie che riesce a donare un po’ del suo tempo e del suo sapere.

La tradizione orale di canti e favole malgasce li aiuta a sognare, a divertirsi, ad imparare, ad essere solo bambini per quelle che diventano ore bellissime, parentesi di gioia in una vita difficile. 

Penso al nome del progetto, Pépinière de la Joie, e non posso che constatar

ne l’appropriatezza. Penso a mio figlio a casa, circondato d’amore e di tante cose, utili e meno utili, e resto disarmata di fronte allo spettacolo di queste manine alzate, vuote e gioiose allo stesso tempo. Mi soffermo sui piccoli, alcuni nemmeno camminano, sono tenuti in braccio o sulle spalle da fratelli e sorelle poco più grandi di loro. 

Questi bambini non hanno nulla, ma sorridono. Sono bambini. Questa sera torneranno nelle loro baracche di lamiera, appoggiate sulla nuda terra rossa, grati perché non pioverà e stanotte non dormiranno nel fango.

Visito il resto del centro e sono colpita dall’ordine, dall’efficienza, dalla grande dignità testimoniata da ogni dettaglio, come le foto incorniciate nella rafia appese alle pareti, o le divise scolorite ma pulitissime delle volontarie in cucina. Mi commuovo davanti ad un enorme vassoio pieno zeppo di ciotoline con dentro una merenda altamente nutriente per tutti i piccoli ospiti. I bambini le afferrano, assicurandosi che tutti ricevano la propria porzione.

Immagini semplici. Semplicemente indelebili. Immagini che non lasciano altra scelta che provare a fare la mia parte, da subito, per questi bambini. Immagini che raccontano vite lontane, diverse, sfortunate, povere di tutto ma mai, nemmeno per un secondo, povere di vera umanità.

Francesca

In contatto con l'essenza dell'esistenza

Durante un soggiorno ad Antananarivo (Tanà), ho visitato il Centre Mère Enfant, dove vengono accolte madri sole con i propri figli. Raggiungerlo è stata una mezza avventura. Nessun tassista di Tanà ama andare nel quartiere-bidonville di Antohomadinika e attraversare le sue stradine sovraffollate e polverose, tra baracche fatte di legno e lamiera di risulta e canali malsani.

Le madri che frequentano il centro hanno bisogno di tutto. A volte anche possedere una baracca sconnessa, alla mercé della prossima pioggia, è un lusso. Ho visto donne con il figlio minore avvolto nel lamba (una specie di grande fazzoletto), che si mettono in cerca di un lavoro che permetta loro - per quello stesso giorno - di dar da mangiare ai propri figli, sempre nell'incertezza più disperata.

Difficile dimenticare il pomeriggio in cui, per la prima volta, ho incontrato i bambini della Pépinière de la Joie.

È stato per me come entrare di colpo in contatto con l'essenza stessa dell'esistenza umana e le sue necessità primarie: il bisogno di nutrirsi e quello di sentirsi protetti. Poi ho passato un pò di tempo con loro e ho scoperto la curiosità dei più piccoli che ti seguono ovunque con lo sguardo e il desiderio di mostrare quello di cui sono capaci, dei più grandicelli.

Quel pomeriggio, i bambini erano seduti a terra, sulle stuoie e stavano dipingendo con gli acquerelli. Erano piccoli, scalzi e vestiti nelle diverse stagioni dell'anno; ognuno aveva la sua intima speranza negli occhi: chi timida, chi incerta, chi vivace, ma per tutti brillava con la stessa intensa tenerezza.

Visitando il centro si percepisce la cura - seppur nella semplicità – con cui è stato allestito e si capisce il perché, per questi bambini, esso rappresenti un porto sicuro dove poter giocare, dipingere o semplicemente avere un pavimento a disposizione per sedersi. Nel tempo, per le madri, è invece diventato un luogo di 'solidarietà psicologica'; qui le donne s’incontrano e l'esperienza di una, condivisa, diventa aiuto per le altre.

Ci sono tornata altre volte, ho conosciuto chi ci lavora ogni giorno con passione e professionalità e ho visto come ogni decisione è presa con uno sguardo verso il futuro. In questo luogo di quotidiana incertezza, ho trovato tutto ciò di grande valore.

Da quel momento, ho offerto il mio aiuto a Maisons Des Enfants, nell’appagante consapevolezza che posso stare vicina a quei bambini anche da qui, andafy (al di là del mare), come dicono gli abitanti del Madagascar.

Ilaria